entro e mi assale l'odore dolciastro di fiori misto a quello della morte.
Un pubblico dormitorio, un albergo a ore dove gli occupanti, distesi, dividono - in due - la stessa stanzetta numerata, illuminata; cuscini di fiori posati su finti capitelli marmorei, che vorrebbero conferire al luogo una solenne eleganza a buon prezzo, invece di apparire come note stonate un po' kitsch.
Occhi lucidi e arrossati, abbracci stretti nei giacconi, abbracci mai dati; conoscenti mai conosciuti; si muovono insieme al personale. Distingui i primi dai secondi, per la velocità del passo: i secondi si muovono con consumata abitudine in un luogo che gli appartiene, acquisito il necessario distacco; i primi, quasi spaesati in un luogo che vorrebbero non gli appartenesse mai.
Voci nel corridoio: "... le carte? Hai il foglio? Possiamo chiuderla...". Un uomo con una valigetta mi passa davanti. Dopo poco il rumore dell'avvitatore elettrico come fosse il lamento del legno in cui conficca le viti sul bordo della bara... nessuno ti rivedrà più com'eri oggi.
Un pubblico dormitorio, un albergo a ore dove gli occupanti, distesi, dividono - in due - la stessa stanzetta numerata, illuminata; cuscini di fiori posati su finti capitelli marmorei, che vorrebbero conferire al luogo una solenne eleganza a buon prezzo, invece di apparire come note stonate un po' kitsch.
Occhi lucidi e arrossati, abbracci stretti nei giacconi, abbracci mai dati; conoscenti mai conosciuti; si muovono insieme al personale. Distingui i primi dai secondi, per la velocità del passo: i secondi si muovono con consumata abitudine in un luogo che gli appartiene, acquisito il necessario distacco; i primi, quasi spaesati in un luogo che vorrebbero non gli appartenesse mai.
Voci nel corridoio: "... le carte? Hai il foglio? Possiamo chiuderla...". Un uomo con una valigetta mi passa davanti. Dopo poco il rumore dell'avvitatore elettrico come fosse il lamento del legno in cui conficca le viti sul bordo della bara... nessuno ti rivedrà più com'eri oggi.