domenica 26 ottobre 2008

L'omino del festival

E' ricominciato il festival della scienza e come ogni anno mi ritrovo a vagare beatamente rincoglionito, per la mia città. Rimbalzo da una conferenza ad un'altra, avendo perso volontariamente la cognizione del tempo e dello spazio e le sensazioni della fame e del sonno; confuso e felice: confuso dalle onde gravitazionali o dalla teoria delle stringhe; felice di poter ascoltare in totale libertà, premi Nobel che vengono nella mia città a parlarmi delle loro scoperte, che il mondo intero gli riconosce.
Capisco poco delle teorie fisiche o biologiche ma sogno molto ad occhi aperti. Arrivo dall'ufficio sfatto, sono le 19.00, prendo posto alla conferenza e questo neuro-scienziato inglese mi parla del cervello, già sarebbe dura capirla in italiano e per giunta sono a stomaco vuoto ma è una meraviglia, un po' come un padre che racconta le favole al figlio per farlo addormentare: Mr. Douglas Fields mi parla delle cellule gliali del cervello e io faccio un viaggio fantastico nella nostra mente e penso alla straordinarietà di questa "macchina" umana, talmente intelligente e con una tale coscienza di sé, che tenta di capire se stessa. Il cervello umano, come si ripara, come si mantiene attivo. Le complessità si spalancano davanti a me come la botola di un pavimento e io cado nel buio quasi impenetrabile delle cose che non conosco e che desidero farmi raccontare.
Sono seduto, mi giro di un quarto e lo vedo, lui, ogni anno lo ritrovo qui, al festival. Un ometto baffuto, barbuto e trasandato, secco. Con una giacca a vento di 3 taglie oltre la sua, che gli fa da casa. Tutta sgualcita. Porta sempre con se alcune borse di plastica, "stanche" come lui. Pantaloni di 2 colori che dalla cintura scendendo verso le scarpe, cambiano gradatamente, non so per che motivo: forse le piogge acide. Se lo vedessi fermo per strada, sarebbe un barbone, invece qui potrebbe sembrarmi anche un genio disperato, sconosciuto al mondo.

domenica 19 ottobre 2008

Solo

Conosco persone che trascorrono vite, a mio parere assurde, semplicemente perché hanno paura della solitudine. Ogni volta che c'ho provato anch'io, mi sono sentito "seppellito" dall'ipocrisia, al punto che preferisco starmene solo. Non è una "ricetta" che mi sento di proporre, tant'è che spesso mi chiedo se non sia più vantaggioso vivere facendo un po' finta di nulla.
Imparare a vivere bene con se stessi credo sia una lezione della vita che vada imparata prima o poi, meglio prima. Anche se, come insegna il protagonista di Into the wild: la felicità è tale solo se è condivisa.

domenica 12 ottobre 2008

Lo Zen e l'arte della manutenzione della... Vespa

Il titolo esatto è: "Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta", uno dei miei libri preferiti. Una storia on the road nella quale il protagonista fa un lungo viaggio in moto e si accompagna con profonde riflessioni filosofiche sulla tecnologia, sul rapporto conflittuale che l'uomo ha con essa e sulla spiritualità Zen che pervade il mondo intero: dalla cima di una montagna al cambio di una motocicletta.
Questo libro mi è tornato in mente, oggi, che dopo settimane di incosciente pigrizia mi accingo a mettere mano alla mia amata Vespa. Per settimane mi sono tenuto lontano da questa manutenzione necessaria, spaventato da tutto ciò che mi poteva andare storto, le difficoltà; poi come in ogni cosa, dopo averla lasciata decantare per bene nel cervello, dopo averci "dormito sopra", la si affronta e quando l'hai finita, pensi: "beh, era una cazzata".
Non riesco a nascondere l'orgoglio per averla accesa al primo colpo dopo che l'avevo smontata e rimontata per la strada e mi lascio andare ad analogie con i fatti più importanti della nostra vita, con le nostre paure per ciò che non conosciamo o che non ci reputiamo all'altezza di affrontare, poi ci si fa coraggio, si getta il cuore oltre l'ostacolo, si scende nell'arena e la paura si dissolve come un brutto sogno, era solo nella nostra testa, nella nostra ignoranza.
Penso che da sempre il terrore per ciò che non conosciamo, sia archiviato nel nostro DNA alla voce: "istinto di conservazione" ma è importante che la paura per l'ignoto non ci fermi nel volerlo conoscere.

lunedì 6 ottobre 2008

White man speaking

Belin, anche 'sta volta mi tocca di dire 2 cosine sul clero, non vorrei, lo giuro! Perché poi potrebbe sembrare che questo sia un blog anticlericale o che io non sappia parlare d'altro ma non è così, lo giuro di nuovo! Il fatto è che ci sono stimoli che vengono da dentro e che non si riescono a sopprimere e come ho scritto nel sottotitolo del mio blog, questa è una di quelle cose che non riesco a tenermi dentro.
Giusto perché non si pensi che il Vaticano finga indifferenza dinnanzi allo sfascio delle borse mondiali; giusto perché non si creda che i prelati non capiscano nulla di soldi, anche 'sta volta il buon "uomo bianco" ha voluto mettere lingua sulla catastrofe finanziaria di queste settimane e di oggi in particolare. Esprimendo peraltro un pensiero profondo e condivisibile ma che amplifica lo stridore fra il "predicare" ed il proverbiale "razzolare" annesso.
Leggo l'articolo di Repubblica e poi anche quello del Corriere della sera è proprio vero, il papa lo ha detto!
Subito penso: solamente Benedetto e Tronchetti Provera riescono a parlare di soldi con questo distacco, chissà...
Ebbene, nella sostanza: i soldi sono niente perché scompaiono e solo la parola di Dio è una realtà solida e io penso: grande Benedetto! Hai proprio ragione! Come abbiamo fatto a non accorgercene? La parola di Dio! Certo!
Difatti lo IOR (che non è l'Istituto Ortopedico Rizzoli né l'Istituto Oncologico Romagnolo bensì l'Istituto per le Opere di Religione) meglio noto come la "banca vaticana", ha investito tutto sulla parola di Dio e adesso si trova ad avere 130 dipendenti, un patrimonio stimato (nel 2008) di 5 miliardi di euro, 44 mila conti correnti e interessi medi annui che oscillano dal 4 al 12% (rendimenti netti).
Inoltre "...Una rete di contatti con banche sparse nel mondo rende possibili trasferimenti di quantità illimitate di denaro in assoluta riservatezza. Città del Vaticano non aderisce ai patti internazionali antiriciclaggio..." "...Rilevanti sono gli investimenti esteri, in prevalenza in titoli di Stato o portafogli a basso rischio..." (da Wikipedia).
Se il povero Calisto Tanzi lo avesse intuito prima, adesso col cazzo che rischierebbe 13 anni di carcere, non vi pare?
Caro Benedetto, tu hai ragione, anch'io ho sempre condiviso il tuo pensiero sul vile denaro e magari - forte di questa tua raccomandazione - proverò domani a fare un passo in banca, a parlare con il direttore di filiale e gli chiederò se in cambio della remissione dei suoi peccati, mi abbuona le 57 rate del mutuo che ancora mi restano da pagare; se mi dice bene magari anche lui è un uomo di Chiesa e accetta. Intanto, pensavo che potresti dare il buon esempio tu, destituendo lo IOR e ridistribuendone il patrimonio ai suoi correntisti.
Con affetto Rafaz.