mercoledì 10 giugno 2009

Il vuoto dentro

L'incomunicabilità, come una presa alla gola, come urlare e non sentirsi, come incontrarsi nella stessa stanza ma provenendo da continenti diversi... Quando credi di poterti far capire da tutti, scendi poi nella profondità dei sentimenti, del comportamento e lì, le inflessioni del ragionamento diventano dialetti diversi e poi lingue diverse, incomprensibili. Pensi che sei partito comunicando e sei arrivato a parlare da solo e quasi non comprendi il suono che ti esce dalla bocca. La peggiore sensazione al mondo, dopo quella di non vedere è quella di non riuscire a farsi capire. Come tornare all'infanzia: voler esprimere un bisogno e non essere compresi.
Un passo del Vangelo di Matteo dice: "A ciascun giorno basta la sua pena." Oggi, questa era la mia.

2 commenti:

Unknown ha detto...

E' molto bello, e raro, che tu da un preciso episodio riesca in tempo così breve già ad astrarre un ragionamento, dove molte persone (forse i più) inveirebbero e imprecherebbero fermandosi giusto all'invettiva e alle imprecazioni.
Un ragionamento, dunque, che merita risposta.
La mia è che per la comprensione ci vogliono 2 ingredienti fondamentali: la voce e le orecchie.
Ogni persona ha la propria comunicativa, e quindi tutti possono farsi capire, se ci mettono la buona volontà. Ma ingrediente essenziale è la disponibilità del prossimo a facilitare le cose e ad accoglierci.
Senza questo, è come seminare nel vento.

Aletta ha detto...

Chiedo scusa per il ritardo.
Questo post è abbastanza impressionante, e per me, paradossalmente, molto comunicativo…
Riprendo in parte quello che dice Manuela. Credo che la comunicazione fra le persone sia possibile, ma solo se sono disposte ad ascoltarsi, se credono che l’interlocutore sia interessante, degno di fiducia; se ammettono che potrebbero avere torto, anche in minima parte, o non vedere una data questione in modo completo, e che quindi può valere la pena sentire cosa l’altro abbia da dire. Insomma, è necessario abbassare le difese - e questo comporta sapere che non si è perfetti - ma anche avere una certa sicurezza in se stessi in modo che le eventuali divergenze non schiaccino e a quel punto non ci si debba limitare a tapparsi le orecchie e far rumore per non sentire.
No, non è facile. Ma con alcuni è possibile. Con altri no. La mia soluzione a volte è la fuga, altre volte l’attesa, sperando, in modo non troppo convinto, che qualcosa si sblocchi. Dipende da quale pena, per citare il Vangelo di Matteo, è maggiore.
E poi, certo, bisogna avere le parole per farsi capire. Questo è un lavoro da psicologi e da prof. di lettere….